La regione più piccola di Italia. Centoventottomila anime in tutto, quasi di meno rispetto a molte città medio-grandi. Ma, così come si dice che il vino buono sta nelle botti piccole, non lasciatevi trarre in inganno dalla piccola estensione della Valle d’Aosta: racchiude un suo ricco patrimonio non solo storico, ma anche (e soprattutto) enogastronomico.
Insieme a Luisa di Tacchi e Pentole e a Francesca di Vivere per Raccontarla, ho avuto il piacere di scoprire quanto questa terra ha da offrire. Guidate da Andrea, ci siamo gettate a capofitto in una full-immersion di tre giorni tra le varie specialità valdostane.
Il nostro tour è partito dal Panificio Pitti, a Saint-Pierre. Tra il profumo del pane appena sfornato e vari assaggi di pizza e biscotti, ci siamo cimentate nella preparazione e nella lavorazione dell’impasto de’ Lo Pan Ner, ricetta tradizionale del Pane Nero integrale, guidate con tanta pazienza da Patrizio, il proprietario. Patrizio è arrivato dalla Sicilia e, dal 1990, si dedica con passione alla sua attività, sfornando ogni giorno un’infinita varietà di delizie.
Da lì ci siamo poi spostati alla Torrefazione Artari: immaginatevi di trovarvi in mezzo alle montagne e di essere circondati dal profumo del caffè appena tostato. Ecco, è proprio così che è andata: un insolito tour in alta quota tra miscele arabiche, chicchi tostati e altri ancora da tostare. Si trova a Morgex, alle pendici del Monte Bianco, ed è nata per mano di Giuseppe Artari, che già a fine ‘800 aveva avuto un’intuizione: che la sua amata regione sarebbe diventata un’importante meta per il turismo. E aveva ragione.
E, se trovare chi tosta i chicchi di caffè nei pressi del Monte Bianco è piuttosto insolito, più normale sarà scovare chi invece si occupa di coltivare e raccogliere frutti di bosco. Proprio questo è ciò su cui si fonda “Douce Vallée”, un’azienda agricola a conduzione familiare nel comune di Chatillon. Ci siamo addentrate nei loro laboratori, dove fiori di sambuco, ribes, lamponi, more e altri frutti vengono trasformati in succhi, confetture, aceti e sciroppi. Io mi sono letteralmente innamorata del loro aceto di lamponi, che ormai uso sempre per condire la carne cruda!
Da lì siamo poi ripartiti, per andare a scoprire i segreti della lavorazione del lardo. E dove, se non ad Arnad? È proprio qui che nasce il famoso Lardo d’Arnad DOP. Questa sigla sta a significare che non solo la materia prima ha origine nel territorio dichiarato, ma anche tutto ciò che riguarda la produzione. Abbiamo potuto ammirare parte del processo produttivo, per poi concederci un aperitivo a base di lardo, buon vino e crespelle alla valdostana (…what else?).
Il lardo è senza dubbio l’affettato più famoso, ma degno di nota è anche il Jambon de Bosses DOP: si tratta del prosciutto crudo DOP più “alto” d’Europa, in quanto viene prodotto a 1600 metri di quota, ai piedi del massiccio del Gran San Bernardo nel Comune di Saint Rhémy en Bosses, vicinissimo al confine con la Svizzera. È un peccato potervi raccontare tutto ciò soltanto tramite le parole e le immagini, perché vorrei tanto farvi sentire anche il profumo che ho sentito io entrando nel laboratorio di produzione e nel percorso che abbiamo fatto, tra centinaia di prosciutti appesi a stagionare.
Salendo poco più su, sempre nella Valle del Gran San Bernardo, ci sono le “crotte” di stagionatura delle fontine dell’Azienda Agricola Duclos, ricavati da vecchi fortini risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Tra mura di pietra e scaffalature in legno, con una temperatura di circa 4 gradi, sembra di immergersi in un altro mondo: qui le fontine vengono fatte stagionare e vengono ogni giorno salate e strofinate in superficie, in un processo che non prevede macchinari, ma solo tanto olio di gomito. Tutto intorno c’è la pace più assoluta, sembra di essere catapultati nel passato, tra animali al pascolo, prati e montagne.
Per me lardo e fontina fanno parte, insieme al Genepy, di una sorta di trio, quasi come “i tre moschettieri”, per quanto riguarda i prodotti valdostani più conosciuti al di fuori della regione. Si sarà capito che io, davanti ad un buon bicchiere non mi tiro mai indietro, sia esso di vino o di un distillato. Ed è così che mi sono elettrizzata all’idea di entrare nella distilleria Saint Roch. Qui viene prodotto il Genepy, che è ricavato dall’omonima erba, e non dal ginepro (da cui invece si ricava il Gin), come molti possono erroneamente pensare (io per prima, lo ammetto). Qui abbiamo assaggiato il “GenerAle”, un cocktail a base di Genepy e Ginger Ale, che metterei di corsa tra le migliori invenzioni del ventunesimo secolo, dopo il parcheggio assistito e Netflix.
Visto che, come vi dicevo, un buon bicchiere non si rifiuta mai, abbiamo concluso con una visita al Birrificio Aosta, dove abbiamo visto come viene prodotta con immensa passione la loro birra artigianale (l’Excalibeer mi è rimasta nel cuore), e dove abbiamo pranzato degustando tutti i prodotti di cui vi ho parlato, insieme ai vini di La Source.
Abbiamo quindi visto la Valle d’Aosta da un nuovo punto di vista: non solo come quella piccola regione di confine, quella regione delle piste da sci e dei gialli mai risolti, ma come un luogo prezioso per la nascita di tante eccellenze gastronomiche.
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